Contrariamente a molte referenze italiane, la zona dell’Alto Adige non indica un solo prodotto ma tutto l’insieme di uve e vini che vengono prodotti nella provincia autonoma di Bolzano.
L’Alto Adige è infatti un territorio decisamente eterogeneo, per condizioni climatologiche e paesaggistiche, che definiscono numerose opportunità dal punto di vista enologico.
Cabernet, Chardonnay, Malvasia e non solo: il profilo morfologico della provincia – ricca di montagne e vallate, estesa quasi quanto una regione – la rende prolifica nella produzione di vino.
La vinificazione in Alto Adige ha origini decisamente antiche, che coincidono in parte con la civilizzazione Retica.
Fu proprio Catone il Censore, nel III secolo avanti Cristo, a definire con il nome retico un vino di particolare pregio che era divenuto famoso anche negli ambienti della Roma repubblicana. La dominazione dell’Urbe rese ancora più importante la coltivazione delle uve nelle terre a sud del Brennero, unendo tecniche diverse ma facilmente assimilabili tra loro.
Dopo la caduta dell’Impero furono i monasteri sparsi sul territorio a mantenere viva la cultura enologica, soprattutto seguendo le regole bavaresi.
Furono gli austriaci, particolarmente Giovanni d’Austria, a dare un nuovo impulso alla vinificazione altoatesina, che ebbe una forte spinta dalla diffusione delle ferrovie nel tardo Ottocento.
L’associazionismo nel mondo dell’agricoltura è una tradizione storicamente associabile ai paesi germanici. Le prime Winzergenossenschaft, associazioni di enologi che lavorano per risultati comuni, risalgono alla prima metà dell’Ottocento.
Da qui si sviluppa il fenomeno delle cantine sociali, che in Alto Adige attecchisce subito: i primi esempi sono quelli di Andriano, Terlano ed Egna nel 1893. Entro il 1914 arrivano ad essere 17.
Il Regio decreto legge 497 del 7 marzo 1924 fu il primo provvedimento dell’Italia unitaria a prevedere esplicitamente Disposizioni per la difesa dei vini tipici.
Fu il governo Mussolini, con questo dispositivo di legge, a prevedere una serie di regolamenti atti a tutelare quei vini con profili di storicità già ampiamente riconosciuti.
Tra le varie normative, la possibilità di formare consorzi di tutela e promuovere la riconoscibilità e la vendita del vino italiano sia sul mercato nazionale che internazionale.
Grazie a questi strumenti l’esperienza enologica altoatesina, particolarmente quella delle cantine sociali, fu codificata in regolamenti e attività che incrementarono la riconoscibilità dei vini dell’Alto Adige in tutta Italia (e non solo).
La cucina dell’Alto Adige si caratterizza per l’utilizzo di ricette e ingredienti provenienti dall’esperienza mitteleuropea piuttosto che dalle rimanenti tradizioni peninsulari.
Una delle dimostrazioni più evidenti è la quasi totale assenza di grano e olio, sostituiti da cereali meno raffinati e dal burro.
Che siano gli immancabili Knödel, lo strudel di mele o gli Spätzle molte delle ricette dell’Alto Adige si sposano alla perfezione con i vini di questo territorio, ma non solo.
Il Müller Thurgau esprime il meglio di sé con formaggi, crostacei e con secondi a base di pesce. Il Bischofsleiten di vini Schiava 100% è adatto sia alle carni che come accompagnamento di sfiziosi aperitivi e il Pinot Nero si adatta con successo alle ricette di selvaggina.
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