Cagliero, il Barolese nel bicchiere

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Tuti i vini che produciamo ci rappresentano, ovviamente ciascuno a suo modo. Sono i nostri bambini, non esistono figli e figliastri. Barolo Ravera è, tra questi, non il preferito ma il "capocordata".

Stefano Cagliero

Come nasce la passione e l’impegno nel produrre vino della vostra cantina

La passione e l’amore per i vini e le tradizioni delle Langhe sono da sempre tra le radici più profonde della mia famiglia.

I Cagliero, infatti, si innestano sul robusto ceppo di una delle più antiche famiglie di viticoltori del Barolese, come attestano documenti storici che risalgono alla seconda metà del 1500.

I difficili anni all’inizio del ventesimo secolo, caratterizzati dall’arrivo delle grandi malattie della vite, costrinsero anche noi, come molte famiglie di viticoltori, ad allontanarsi dalle proprie terre, amate ma avare, e a cercare fortuna in città. Nonostante ciò la presenza a Barolo fu comunque assicurata dallo zio Giovanni Battista, che continuò ad accudire con amore e tenacia le vigne di famiglia.

Fu mio nonno, Mario Cagliero, capostipite delle nuove generazioni, a sentire l’esigenza di fare ritorno, dopo i successi ottenuti a Torino, alle proprie radici langarole, alla ricerca di quell’identità familiare e contadina mai dimenticata. Ebbe inizio così un lungo e difficile cammino volto a ricostruire e riassaporare le tradizioni barolesi della famiglia. In particolare, viene considerato anno di svolta il 1961 (prima annata “ufficiale” della cantina), famoso per la produzione di un eccezionale Barolo.

Oggi il testimone è passato nelle mie mani: dopo la laurea in marketing a Torino, ho deciso di proseguire le ricerche sulle radici della famiglia portando nuovi mezzi nella gestione e nello sviluppo della tenuta agricola di famiglia.

Quali sono i vini che producete?

I vini che produciamo sono i grandi classici delle Langhe. Primo tra tutti il Barolo, che dall’annata 2016 si presenta in due crus (Ravera e Terlo) molto classici, di notevole potenza e tipicità, ma non possiamo dimenticare la Barbera d’Alba Superiore, vino di corpo e struttura ma anche fine, morbido ed elegante, e il Dolcetto d’Alba (intitolato a Nonna Marcellina, la mia bisnonna che tanto ha fatto in passato per la nostra famiglia) vino più fresco, immediato e fruttato. 

E poi ci divertiamo con vini di assemblaggio: il Canebbio Langhe Nebbiolo, un “fratellino” del Barolo (composto da 85% nebbiolo e 15% barbera) un grande vino nebbiolo ma con la freschezza e la morbidezza della barbera; il Galverno Langhe Rosso (una sorta di “ripasso” del dolcetto sulle vinacce del nebbiolo appena pigiato) che esprime la semplicità e la freschezza del dolcetto ma al tempo stesso il corpo e l’intensità del nebbiolo; Il Rabel Langhe Bianco (qui sono tre i vitigni coinvolti: i tradizionali Arneis e Favorita e l’internazionale Sauvignon Blanc) un bianco molto particolare fresco e immediato ma anche strutturato e capace di lunghissimo affinamento in bottiglia. 

Il Chiamblò Langhe Rosato (assemblaggio di barbera e nebbiolo vinificati in bianco) un rosè decisamente particolare, fresco, sembra facile alla beva ma esprime molto bene l’intensità dei due vitgni; Il Barott, un vino rosato spumante (metodo Martinotti lungo) che somma la freschezza e l’immediatezza delle bollicine al corpo e alla persinstenza dei vitigni coinvolti (freisa e nebbiolo). 

E non tralasciamo ovviamente il Barolo Chinato (realizzato secondo la ricetta della Nonna Marcellina) e la Grappa di Barolo

Quale vino vi rappresenta maggiormente, e perché?

Tuti i vini che produciamo ci rappresentano, ovviamente ciascuno a suo modo. Sono i nostri bambini, non esistono figli e figliastri….

Se proprio devo eleggere un “capocordata” direi il Barolo Ravera: è un vino che rappresenta al meglio il territorio, la tradizione, la cultura contadina delle nostre amate Langhe.

Ma più in generale rappresenta il piemontese (e il sottoscritto): all’inizio austero, quasi scontroso, con tanniti duri che danno poca confidenza, ma quando inizia ad aprirsi, dopo il giusto periodo di affinamento, diventa un grande amico, esprime una confidenza incredibile assieme a persistenza, morbidezza ed eleganza.

Una nota di merito anche al Barolo Terlo, l’ultimo arrivato. Ci ha permesso di scoprire un vino totalmente diverso rispetto al Ravera: è un po’ più tenue, delicato, femminile, meno muscoloso, più fresco, con sentori ancora legati ai piccoli frutti e meno alle note speziate. Una bella scoperta

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Nel rapporto tra tradizione e ricerca della novità, vi sentite più innovatori o conservatori rispetto ai vini del territorio?

Siamo una cantina profondamente tradizionalista, anzi direi più classicista che tradizionalista. Cerchiamo di produrre vini che rispecchino il nostro territorio e il nostro modo di intendere il vino. In effetti a parte il sauvignon blanc coltiviamo solo ed esclusivamente vitigni autoctoni e non internazionali. 

Ma le evoluzioni tecniche e tecnologiche, soprattutto degli ultimi 20 anni, devono essere tenute in considerazione e applicate nel giusto modo. La mia idea è che si debba avere delle radici profonde nella tradizione ma lo sguardo sempre puntato al futuro.

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