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L'eccellenza ha il colore rosato
Può un vino avere un’intera regione a sua disposizione? Se parliamo del mitico Cerasuolo d’Abruzzo, la risposta è certamente sì.
Il disciplinare di questa Denominazione di origine controllata, infatti, ammette la produzione in tutte e quattro le province di questa splendida regione: Chieti, Pescara, L’Aquila e Teramo.
Ovviamente non tutti i comuni e i territori sono adeguati: nell’Aquilano si produce solo al confine con il Lazio e nella zona di Sulmona. A Chieti e Pescara riguarda tutta la fascia costiera, nel Teramano si esclude la zona del Parco nazionale del Gran Sasso.
Base e Superiore, maturato in acciaio e in barrique di rovere, prodotto unicamente con percentuali molto alte di uva Montepulciano.
Ecco le caratteristiche base del Cerasuolo d’Abruzzo, un rosato (o rosé, per dirla all’internazionale) che è un unicum nel panorama enologico abruzzese e italiano in genere.
Un vino che viene prodotto partendo dall’uva Montepulciano vinificata in bianco, oppure limitando la fermentazione ove siano presenti le bucce; che mantiene un titolo alcolometrico buono, fino ai 13% vol. e che è naturalmente ricco di antiossidanti.
Un vino buono, bello e che fa anche bene, se consumato consapevolmente: al palato appare piacevolmente fresco, con una nota agrumata e di frutta rossa. L’odore è leggero, floreale con una nota anch’esso fruttata.
Lasciate macerare per poche ore, una notte massima le bucce restituiscono unicamente la sfumatura di colore rosa, simile a quella delle ciliegie, ma per il resto il vino è un perfetto incrocio tra l’aromaticità del bianco e il corpo – estremamente valido – di un rosso.
Il Cerasuolo viene prodotto con uva Montepulciano, in percentuali che vanno da un minimo dell’85% a un massimo del 100%.
Quest’uva, dal grappolo di misure medie e singoli acini tondeggianti e molto scuri, è diffusa non solo in Abruzzo ma anche in Umbria e Marche, benché la si possa trovare in quasi tutta Italia.
Da questa nera molto celebre si ricavano vini di grande valore, alla pari del Sangiovese.
Sapevi che fino al 2010 il Cerasuolo d’Abruzzo era considerato solo una denominazione del Montepulciano, e non un vino “autonomo”?
Sì, perché per quasi mezzo secolo era così che gli enologi (non) valorizzavano questo vino, che in effetti proviene proprio dall’uva Montepulciano, con il quale si produce l’altro grande protagonista dell’enologia abruzzese.
Da un decennio, il disciplinare ha invece riconosciuto l’autonomia del Cerasuolo – il cui nome deriva dal termine dialettale per ciliegia, visto il suo colore – assegnandogli allo stesso tempo la Denominazione di origine controllata.
La sua produzione è però molto più antica, e secondo Polibio (storico greco vissuto nel II secolo a.C.) sarebbe stato apprezzato anche da Annibale che, di rientro dalla trionfale battaglia di Canne, avrebbe bevuto insieme alle sue truppe questo rosato.
Bianco con il pesce, rosso con la carne. L’antico uso, ormai in parte superato, lascia apparentemente da parte un rosato come il Cerasuolo che invece, grazie alla sua flessibilità e versatilità, riesce a conquistarsi ampi spazi nel mondo degli abbinamenti cibo-vino.
Ecco dunque che potrete servirlo in tavola, senza paura di sbagliare, con specialità di terra e di mare dai sapori leggeri o poco più forti, evitando tuttavia di scadere in abbinamenti che impedirebbero di valorizzarne la nota fresca e fruttata.
Ottimo con delle sarde in saor, una sorta di matrimonio del gusto tra Abruzzo e Veneto, si può apprezzare con un’insalata fresca di lenticchie di Santo Stefano di Sessanio, oppure con un secondo di carne servito insieme alle patate del Fucino.
In quella che gli stranieri considerano come la migliore cucina d’Italia non mancano certo le idee, da un gustoso antipasto alla marinara fino alla pasta con gli scampi del Vastese, per abbinare il Cerasuolo.
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