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Il vino calabrese con vista sulla Magna Grecia
Sono quattro i comuni che rappresentano l’areale di produzione del Cirò DOC, uno dei vini più celebri del panorama enologico calabrese: Cirò, Cirò Marina, Melissa e Crucoli.
Ci troviamo nella provincia di Crotone, dunque sul lato ionico del ‘Tacco dello Stivale’, in una zona decisamente ricca sotto il profilo naturalistico e il cui clima mite ha da sempre permesso la proficua coltivazione delle uve.
Se Cirò Marina è Città del Vino sin dal 2000, è perché qui c’è il vero nucleo produttivo di questo vino. La città di Cirò, nell’entroterra e di cui Marina è stata frazione fino agli anni Cinquanta, conserva ancora molti vigneti.
Melissa e Crucoli, belle località di natura e artigianato locale, contribuiscono allo stesso modo alla realizzazione e alla fama di questo vino, portavoce della Calabria nei calici.
Nei meno esperti di cose di…vino il Cirò è un vino che genera confusione. C’è chi ne conosce la versione bianca, chi quella rossa, ma quasi mai entrambi. Anzi, sembra che chi ne conosca una vada automaticamente ad escludere l’altra, ma esistono entrambi, anzi: il Cirò viene vinificato in bianco, rosato e rosso.
Il Cirò bianco è prodotto sia nella variante ‘tradizionale’ (senza altri nomi) che come classico, ovvero con aggiunta di uve Trebbiano Toscano.
Il Cirò rosato è una variante piuttosto giovane, dal profilo delicato e armonioso, introdotto per diversificare la linea del Cirò in un mercato in sempre maggiore trasformazione.
Il Cirò rosso è la versione più conosciuta e apprezzata, ma anche quella che si riproduce con maggiori varianti, ben cinque:
La produzione dei vini Cirò DOC prevede l’uso, secondo il disciplinare approvato originariamente nel 1969, di varie uve a bacca bianca e rossa, a seconda del prodotto finale:
Alcuni esperti, soprattutto locali, affermano che il Cirò possa essere considerato come il vino più antico del mondo, poiché risalirebbe addirittura all’VIII secolo a.C.
È proprio a questo periodo che risalgono le prime ‘spedizioni’ di Elleni che raggiungono l’attuale Calabria, dando vita a quella Magna Grecia che nella regione del Mezzogiorno d’Italia è evidente in abitudini, lingue e testimonianze monumentali.
Cremissa (o Krimisa) fu una colonia greca, corrispondente alla Cirò Marina di oggi. Qui il clima favorevole permise l’introduzione delle uve che, trovando terreno fertile, portarono i greci d’un tempo a dedicarvi un tempio a Bacco. Addirittura, pare che questo vino fosse talmente buono da essere servito durante le Olimpiadi, il momento più sacro dell’antichità, quando le guerre si fermavano e si combatteva solo nelle arene sportive.
Tanta era l’importanza di questo vino che le cantine vennero collegate al porto di Sibari attraverso degli “enodotti”, antesignani degli acquedotti ma con un carico molto più prezioso. Da qui, l’oro liquido di Calabria veniva trasportato fino alla Penisola ellenica e distribuito durante le celebrazioni ufficiali, ma anche nelle case dei ricchi dell’epoca.
Come si può abbinare un vino bianco, uno rosato e uno rosso? È il grande dilemma che ci mette davanti il Cirò DOC, vino presente in ogni variante e versatile per definizione.
Il Cirò rosso lo si serve a temperatura ambiente, fino ai 20 °C ed è straordinariamente adatto ad accompagnare i secondi di carne calabri, dagli arrosti alla selvaggina, ma risulta ottimo anche con primi piatti a base di sughi e salse molto ricche (ragù).
Il Cirò rosato va bene tanto per l’aperitivo quanto per accompagnare il pasto dall’inizio alla fine. Dalle note più fresche, che si ritrovano in una temperatura di servizio più bassa (10-12 °C circa), è perfetto per dei secondi di carne bianca o una selezione di salumi.
Il Cirò bianco, infine, è l’ideale se in tavola si portano specialità di pesce, delle quali la cucina calabra non è certamente parca. Frittura di paranza, rosamarina (o sardella), ma anche uno spaghetto allo scoglio risulteranno ben apprezzati nell’abbinamento con questo vino, da servire decisamente fresco (entro i 10 °C).
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