Emilio Sciacca, i vini alle pendici dell'Etna

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Ci piace semplicemente di più il vino che sa di uva, di terra, leggermente rustico alla vista, al naso ma soprattutto al palato.

Emilio Sciacca

Come nasce la passione e l’impegno nel produrre vino della vostra cantina

La passione di Emilio Sciacca per l’Etna e il buon vino nasce circa 20 anni fa. Da appassionato viaggiatore, comincia a girare i territori più vocati alla vinificazione di eccellenza.

Il vino diventa quindi il giusto compagno di innumerevoli momenti piacevoli della sua vita. Per molti anni questa passione rimane, per lui, comunque un hobby.

A partire dal 2005 Emilio lascia pian piano l’attività di ricercatore in ingegneria per entrare nel turismo naturalistico, sportivo ed enogastronomico accogliendo altri viaggiatori e facendoli innamorare della nostra terra con esperienze avvolgenti dove il vino ha sempre un ruolo aggregatore.

Il sogno certamente era quello di potersi cimentare per il proprio vino e prendersi cura delle vigne.
L’opportunità di acquistare uno storico palmento con vista Etna, dove si è vinificato per secoli, segna l’inizio di una nuova era da produttore vitivinicolo.

Quali sono i vini che producete?

Produciamo 3 vini: due rossi ed un bianco. Il rosso da bere giovane si chiama Rossobrillo. Le uve di questo vino sono da vigne giovani di Nerello Mascalese e la macerazione di una settimana. Questo vino si potrebbe addirittura bere leggermente fresco in estate.

Il rosso da invecchiamento si chiama Neromagno. Si tratta di un Etna Rosso strutturato e complesso che proviene da una vigna antica ad alberello di circa 70 anni di Nerello Mascalese. Il 30% della massa affina in legno di botte grande.

Il bianco denominato Biancopiglio è un Etna Bianco abbastanza originale, infatti anche se la maggioranza delle uve è di carricante, ne contiene anche altre meno comuni sul vulcano specialmente negli ultimi anni. Il cataratto, il grecanico dorato, la minnella bianca, la coda di volpe e l’inzolia si trovano insieme al carricante nella stessa vigna vecchia e danno al vino nel colore e nei profumi un tocco appunto di originalità.

Tutti i vini sono vinificati con fermentazioni spontanee, senza lieviti aggiunti e non vengono filtrati o chiarificati.

Quale vino vi rappresenta maggiormente, e perché?

Il mio vino del cuore è il Rossobrillo. Tutto dedicato agli anni della gioventù e a mio figlio Leonardo.

Ne sono prova Il nano pargolo e monello in etichetta e il progetto di un vino da bere facilmente senza cercare un’occasione speciale ma che si adatta a quelle infinite sere in cui basta il buon umore ed una bottiglia di vino sincero per stare bene in compagnia.

Nel rapporto tra tradizione e ricerca della novità, vi sentite più innovatori o conservatori rispetto ai vini del territorio?

Direi che ci sentiamo più conservatori, soprattutto rispetto al gusto dei vini.

Ci piace semplicemente di più il vino che sa di uva, di terra, leggermente rustico alla vista, al naso ma soprattutto al palato. Rispetto alle metodologie di lavoro non vogliamo rifiutare qualunque tipo di innovazione.

Crediamo che si possa fare un grande sforzo di ricerca per migliorare la viticoltura e l’enologia ma solo avendo come faro il rispetto della natura e della salute del consumatore. Se questa ricerca è fatta sul territorio, da una comunità di produttori e soggetti locali che conoscono le difficoltà della zona, invece che arrivare da lontano ancora meglio. Nel dubbio di una innovazione che non ci lascia sereni continuiamo con i metodi dei nostri avi.

Abbinamento cibo-vino: quale ricetta si abbina meglio alle vostre bottiglie?

Ecco gli abbinamenti che ci piacciono: territoriali e tradizionali.

Il rossobrillo con i maccheroni alla Norma, la ricetta per eccellenza etnea quando si parla di primi piatti. Il tannino giovane pulisce bene la bocca dalla salsa di pomodoro e dalle melenzane fritte senza sovrastare il piatto con eccessivo corpo o struttura.

Il neromagno con il falsomagro alla siciliana. Si tratta di un piatto impegnativo dai sapori decisi ed intensi che merita un vino importante per tenergli testa.

Il biancopiglio con i calamari ripieni sta benissimo, specie se il calamaro viene sfumato con lo stesso vino. I profumi del vino vengono esaltati dalla scorza di limone usata per presentare il calamaro. La callosità del calamaro va’ di pari passo con il corpo e la masticabilità di questo bianco etneo.

Ecco la ricetta di nonna Rosalba dei calamari ripieni:

Ingredienti

  • 5 calamari grandi
  • 4 patate lesse
  • Uvetta 20 g
  • Capperi 20 g
  • Prezzemolo
  • 1 limone
  • Sale e pepe q.b.
  • Pangrattato 30 g

Pulire i calamari. Tagliare i tentacoli a pezzettini. Preparare un soffritto in padella con aglio (privato della sua anima) prezzemolo e olio di oliva. Appena l’aglio sarà appena dorato disporre i tentacoli, rosolare e sfumare con vino Biancopiglio di cantine Emilio Sciacca Etna Wine. Aggiungere pangrattato, uvetta e capperi, scorze di limone e sale q.b. Appena il pangrattato sarà appena tostato, spegnere il fuoco e aggiungere patate lesse e prezzemolo tagliato finemente. Mescolare bene, quindi il ripieno è pronto. Inserire per bene il ripieno dentro i calamari con l’aiuto di un cucchiaio e chiuderli con uno stecchino. Nella stessa padella, soffriggere aglio a pezzettini (senza anima) e prezzemolo.

Disporre i calamari e sfumarli con vino Biancopiglio di cantine Emilio Sciacca Etna wine. Chiudere la padella con coperchio e Continuare la cottura per 10 minuti circa a fuoco lento.

Il piatto è pronto!

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