La produzione della Falanghina, vino tipicamente associato alla Regione Campania marchigiano, vede il suo areale storico aprirsi tra il Sannio (provincia di Benevento), i Campi Flegrei e il casertano.
È un vitigno pregiato, il più riconosciuto e per questo “iconico” della regione, che viene prodotto in diverse sottoaree come quella del Sannio, di Solopaca, del Taburno, di Guardiolo e di Sant’Agata de’ Goti.
Generalmente la Falanghina richiede un terreno collinare, ben esposto al sole e dalle temperature miti, che fanno bene ai suoi grandi grappoli dagli acini tondeggianti. Ecco perché oggi le sue uve si coltivano anche in Molise, Puglia e Basilicata per un areale complessivo di poco superiore ai 3000 ettari.
La Falanghina si presenta nel classico allevamento a guyot, ovvero priva di cordonatura permanente e a potatura mista (un po’ come accade per la Vernaccia di San Gimignano, il Tocai e l’Erbaluce).
La foglia della Falanghina è medio-piccola, di forma trilobata o pentalobata e orbicolare (ovvero tipica della vite, stretta alla base e più ampia nella parte inferiore). Il grappolo e l’acino sono mediamente più grandi, con grappolo compatto e lungo e singolo acino sferoidale, di dimensioni medio-grandi e dal colore tipicamente giallastro con riflessi verdi.
L’odore è intenso, anche grazie al trasferimento di nutrienti che procede dai terreni vulcanici di provenienza, con un sapore fresco che tende leggermente all’acidulo. Per questo è utilizzato come vino “rinfrescante”, che alleggerisce i consistenti piatti della cucina campana.
La Falanghina è un vino che vede la sua espressione più conosciuta e apprezzata nelle varie sottozone della Campania. Lo si trova infatti nel Beneventano così come nella Costa Amalfitana (Furore, Ravello, Tramponti), con le sue sottozone DOC più celebri a Sant’Agata de’ Goti e Solopaca.
Nonostante ciò è possibile trovare ottime espresioni della Falanghina anche nel Molise DOC, nel San Severo DOC (Puglia) o nel Terre Tollesi DOC, quest’ultimo di origine abruzzese.
Ed è proprio in Abruzzo che lo si trova, come IGT, nelle tante zone collinari come i Colli del Sangro o quelli Aprutini, le Colline Frentane o le Pescaresi.
La presenza storica della Falanghina in Campania è accertata già in epoca repubblicana. Ne parla infatti Plinio il Vecchio, scrittore vissuto nel I secolo dopo Cristo e morto durante l’eruzione del Vesuvio del 79.
Proprio questo evento devastante deve aver modificato l’areale storico delle vigne di Falanghina, che occupavano molta parte delle sponde vesuviane, poi divenute brulle e improduttive, mentre tutt’intorno le coltivazioni si estendevano fino alle province di Salerno e di Benevento.
Pare inoltre che la Falanghina sia direttamente derivata dal Falerno, un vino bianco che i romani apprezzavano ma non in purezza: a quell’epoca infatti la vinificazione era ben diversa e il vino veniva spesso “addizionato” con miele e altre spezie per meglio adattarsi ai gusti di nobili e potentati.
Pur nel corso dei secoli successivi questo vino rimane apprezzato, non conoscendo periodi di apparente crisi e anzi confermandosi presenza fissa sia a Palazzo Reale di Napoli e sia tra i vini serviti ai pontefici.
Abbinare la Falanghina in tavola presuppone uno sforzo – per verità non particolarmente difficile – di valorizzare e non cancellare le sue note floreali delicate. Ecco perché si sposa con una cucina fresca, magari estiva e da servire con lo sfondo della Costa campana. È importante versarlo nei calici a una temperatura piuttosto bassa, che cambia a seconda della varietà: la Falanghina semplice richiede un massimo di 10-12 °C, che scendono a 8 °C per il passito (qui si sceglie un calice a stelo lungo) e la Falanghina Spumante si serve invece a 6 °C, freschissima, nei flûtes.
Quali piatti scegliere, dunque? Iniziamo da un aperitivo o un antipasto di crudités che include vegetali e pesce crudo o appena scottato, magari dei crostacei o una tartare di tonno. Si prosegue con un primo piatto anch’esso di pesce, magari un tagliolino all’astice o uno spaghetto alle vongole veraci (tipico piatto della cucina partenopea), arrivando infine ai secondi piatti a base di crostacei, di pesce grigliato o a una frittura di paranza.
Per chi volesse guardare più all’entroterra, ottimo anche l’abbinamento con la Mozzarella di bufala DOC Campana, al caprino e ai formaggi a pasta molle: si può scegliere una selezione di formaggi giovani, magari erborinati, che ben si sposano con la freschezza della Falanghina.
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