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Il rosso di compagnia tipicamente piemontese
Il Monferrato e l’Astigiano sono i territori entro i quali si estende l’areale di produzione del Monferrato Dolcetto DOC, un vino del Piemonte caratterizzato da un interessante profilo organolettico, ma non solo.
In particolare, il territorio entro il quale si produce questo vino si apre a mezzaluna intorno alla città di Alessandria, toccando mete turistiche di pregio quali Casale Monferrato, Asti, Nizza Monferrato, Acqui Terme e Novi Ligure.
Territorio prevalentemente collinare, circondato dalle grandi spazialità del Piemonte e punteggiato qua e là, nei suoi panorami, dalle vette delle Alpi e degli Appennini che riparano e proteggono queste verdi vallate del Nord Italia.
Il Monferrato Dolcetto è un vino che rappresenta al meglio le caratteristiche dell’enologia del Basso Piemonte.
Si tratta infatti di un “vino buono” per definizione che, pur schiacciato dalla fama del Barolo o del quasi omonimo Dolcetto d’Alba, riesce a ricavarsi uno spazio di tutto rispetto nelle cantine degli appassionati.
Lo fa grazie a un profilo generalmente giovane ma non nuovo a possibili invecchiamenti, a un tono alcolico non particolarmente alto e a una bevibilità di rilievo.
Insomma, non un vino da meditazione o da dimenticare in cantina, ma una piacevole usabilità in accompagnamento ai grandi piatti della cucina del Piemonte.
Un “vino da pasto”, per dirla tra di noi, fruttato e dal colore tendente al violaceo, fruttato, asciutto, vagamente acido e poco amabile.
L‘uva Dolcetto è diffusa in buona parte del Piemonte, soprattutto tra le Langhe e il Monferrato.
Ha un colore particolarmente scuro, una maturazione precoce e una buona produttività: le caratteristiche adatte per vinificare, con successo, già dal mese di settembre.
Nel Dolcetto del Monferrato viene impiegata in percentuali minime dell’85%, fino ai vini in purezza.
Il nome Dolcetto, almeno al primo assaggio, potrebbe trarre in inganno chi si avvicina a questo vino del Monferrato.
Infatti la denominazione è lontana dal vero sapore del vino, che per contro risulta decisamente intenso e con note curiosamente amarognole, o comunque di impatto.
Prevalgono infatti i sentori di liquirizia e mandorla, mentre vaghi ricordi di frutti di bosco e fiori si lasciano immergere in un calderone dove compare tannicità, morbidezza e armonia.
Pare che il vino Dolcetto, nato forse intorno al Settecento, non venga chiamato così per il risultato che si ottiene dalle uve (e abbiamo capito che sarebbe un’interpretazione sbagliata), ma dall’imperfetta traduzione del termine piemontese dosset, che sta a significare “bassa collina”, quasi dosso.
Più che “vino dolce”, insomma, il Dolcetto del Monferrato potrebbe ben essere chiamato “vino collinare”.
Di facile beva, da consumarsi prevalentemente entro il primo anno dalla vendemmia, il Monferrato Dolcetto è un vino che non può mancare in tavola, magari alla domenica quando ci si concede uno sfizio in più.
Per farlo al meglio si può pensare a un menù che ruota intorno alle tradizioni culinarie della fu terra sabauda, iniziando da un copioso antipasto di salumi e formaggi locali (meglio ancora quelli stagionati, come il Raschera o il Castelmagno).
Per i primi si può spaziare sulle paste ai funghi o con corposi sughi di carne, quest’ultima che ritorna in essere anche nei secondi, prediligendo soluzioni gustose come la carne cruda all’albese (Alba) con alcune scaglie di tartufo a guarnire il tutto.
Una curiosità? Nel Monferrato si usano i ravioli del plin a “culo nudo“, ovvero serviti senza brodo. Un piatto originale, da abbinare al Dolcetto, per rimanere nell’alveo della tradizione.
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