Il grande successo degli spumanti integrali

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L’enologia – in tutte le sue forme – è un mondo in costante evoluzione che non rinuncia alle tradizioni storiche ma che guarda favorevolmente a spinte in grado di consolidarne il successo nel pubblico.

Negli ultimi anni è emersa una tendenza nuova tra degustatori amatoriali e sommelier, una di quelle tendenze che mescola le carte in tavola e rende questo mondo ancor più vivo e… spumeggiante! Stiamo parlando, se non l’aveste ancora capito, degli spumanti integrali.

In questo articolo scopriremo un po’ di più di questo mondo così recente, provando a farci conquistare dalla curiosità che la parola “integrale” suscita in tutti gli ambiti dell’enogastronomia.

Che cos'è uno spumante integrale?

La produzione dello spumante è storicamente più forte nelle regioni del Nord Italia, soprattutto tra Veneto (Valdobbiadene, Colli Euganei) e Lombardia (Franciacorta).

Un metodo classico, lo champenoise, che nonostante secoli di consolidamento in tutta Europa qualcuno ha deciso di voler ritoccare per dare qualcosa di nuovo alle bollicine che accompagnano i momenti di festa e convivialità di amici, parenti e perché no, colleghi di lavoro.

Cos’è dunque che varia nello spumante integrale rispetto allo champenoise tradizionale? La risposta è quanto più semplice si possa immaginare: non viene praticata la sboccatura. Questa delicata operazione, eseguita rigorosamente a mano e solo a volte meccanicamente, prevede la rimozione dei lieviti dal vino e la sostituzione del liquido “perso” con una miscela studiata enologicamente di vino nobile e zucchero. 

Si tratta in sostanza di purificare, o meglio eliminare residui che nel grande pubblico sarebbero percepiti come una sorta di impurità, e non un valore aggiunto. Così come nelle farine si è diffuso recentemente il ricorso a crusca, grani macinati a mano e affini così nel vino si è deciso di provare questi vini “impuri”, o meglio sarebbe dire torbidi.

Qual'è la differenza tra spumante normale e spumante integrale?

La mancanza della sboccatura nello spumante integrale, come dicevamo, impedisce la rimozione dei lieviti e degli ulteriori residui.

Cosa significa, in parole povere? Quando il lievito permane nella bottiglia, trasforma chimicamente lo zucchero in anidride carbonica e alcool. Il vino rimane così vivo, cioè continua a rifermentare nella bottiglia fino a circa sei mesi dal primo imbottigliamento.

A questo punto interviene un ulteriore fenomeno chimico (ma assolutamente naturale), l’autolisi, che coinvolge il processo glutinico del lievito – avviene lo stesso anche nel pane. In pratica, il lievito restituisce le sostanze nutritive all’ambiente che lo conserva, avendo concluso la sua “fase attiva”.

In spumante con shelf life ridotta, questo processo si interrompe sostanzialmente quando il vino viene servito in tavola. È per questo motivo che molti spumanti integrali non presentano il classico tappo in sughero, bensì il tappo a corona, che riesce a mantenere meglio la spinta pressoria, un po’ come accade nelle birre.

Gli spumanti integrali su Wineowine

Wineowine ha sposato già da tempo la filosofia di alcuni vignaioli “sperimentatori” nella produzione degli spumanti integrali.

È una scelta questa che arricchisce il vino spumante di note particolari, ma che può non incontrare il piacere estetico e palatale di tutti. La sua caratteristica più evidente è infatti la torbidezza del liquido, che si presenta opaco, a tratti perlescente. 

Sebbene non associamo allo spumante (o al vino in genere) questo colore o aspetto, esso è assolutamente normale poiché è appunto integrale, cioè privo di purificazioni successive e dunque a uno stato primordiale dove tutti i sapori sono perfettamente percepibili.

Il Settolo della cantina veneta di Leo Vanin, così come il gustoso Rosè non filtrato di Cantina Integrale (nomen omen!) sono le nostre scelte per farti iniziare a scoprire, e apprezzare, il variegato mondo dello spumante integrale.

Prosit!

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