Non solo bottiglie e calici: i tappi da vino sono una parte fondamentale nel processo di produzione e commercializzazione delle bottiglie.
Turaccioli, sugheri, zaffi: sono molti i nomi letterari, dialettali e specifici utilizzati nel corso dei secoli per definire il piccolo oggetto utilizzato per impedire al contenuto liquido di uscire dalla bottiglia, vanificando lo sforzo dei vignaioli.
Eppure, salvo alcune modifiche necessarie e relative anche al tipo di vino prodotto, il tappo non è mai cambiato più di tanto, conservando nella sua apparente semplicità un ruolo di primissimo ordine in questa economia di scala dai ritmi e dai costi a volte clamorosamente alti.
La nascita del tappo di sughero, antesignano di quelli impiegati oggi (spesso con materiali sintetici), è antichissima e viene fatta risalire all’incirca nel V secolo avanti Cristo.
Il sughero era, soprattutto durante l’epoca romana, un prodotto ampiamente utilizzato poiché garantiva risultati ottimi a fronte di una spesa minima, quella cioè del reperimento e della lavorazione di una materia prima naturale, ricavata dalla corteccia degli alberi di sughero.
È però nel Seicento che il frate Pierre Pérignon, inventore dello champagne, migliora questo minuscolo oggetto ispirandosi alle forme delle borracce che i fedeli utilizzavano per dissetarsi durante i lunghi pellegrinaggi.
Con alcuni aggiustamenti, frutto di tecnica e ricerca, il tappo è però rimasto pressoché uguale fino ad oggi, assumendo una valenza fondamentale anche nel riconoscere il tipo di vino che si andrà a bere.
È necessario fare una importante distinzione quando si parla di tappi: il migliore è infatti quello di sughero.
Benché questo materiale possa degradare con il tempo (è infatti un fungo parassitario, l’Armillaria mellea, responsabile del cosiddetto “sentore di tappo” nel vino), il suo impiego è quello che meglio rispetta il contenuto delle bottiglie.
Oggi lo si impiega soprattutto nello champagne, nello spumante e nei vini che devono garantire un disciplinare di qualità.
Le altre tipologie di tappo cilindrico sono quelle sintetiche, prodotte cioè in plastica o silicone e che non trasmettono – almeno secondo i loro sostenitori – odori o particelle al vino.
I tappi a vite si usano in vini di qualità minore, e sono prodotti in alluminio con una parte interna in pellicola sterile. I tappi in vetro, infine, vengono generalmente impiegati per preservare la qualità del vino una volta stappato.
Nello spumante e nello champagne è d’uopo utilizzare il cosiddetto tappo a corona, o tappo “gabbiettato”.
Si tratta in realtà di una soluzione che include due pezzi distinti: il tappo in sughero tradizionale e una gabbia in metallo che tiene fermo il turacciolo, contrastando la pressione che si crea per emissione di anidride carbonica da parte del liquido alcolico in fermentazione.
Il tappo, in questo caso, assume una forma a fungo per effetto della degradazione elastica, ma in origine è cilindrico e più ampio della bocca di bottiglia. Il suo inserimento richiede una certa forza e viene effettuato meccanicamente: solo in questo modo è possibile evitare la fuoriuscita del liquido.
È peraltro lo stesso motivo per il quale, una volta stappato, il tappo tende a uscire con forza (facendo il classico botto) e non rientrare nella bottiglia anche se si fa forza per reinserirlo.
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