La produzione del Verdicchio dei Castelli di Jesi, vino tradizionalmente marchigiano, è limitata geograficamente a un areale di ventiquattro comune: ventidue sono nell’anconetano e due nel maceratese.
L’uso dell’espressione Castelli richiama quei feudi storicamente legati a Jesi, città che nel 1194 diede i natali allo Stupor mundi, Federico II di Svevia.
L’estensione dell’areale di questo Verdicchio va dalle zone marittime di Senigallia, quasi al confine con la Romagna, fino all’entroterra di Cingoli, non lontano da Fabriano (la città della carta).
Si tratta di un territorio vasto ed eterogeneo che ha come centrale il fiume Esino, definito dunque come zona collinare con alcune piccole terre pianeggianti in corrispondenza del fiume.
Perché il nome “Verdicchio“, se il verde non è certo un colore che associamo al mondo enologico? Basta guardare i riflessi di un bicchiere di questo oro delle Marche.
È giallo paglierino, molto intenso e con dei riflessi che, alla luce diretta, sembrano quasi verdi. Ed è solo una delle caratteristiche organolettiche di questo vino, che si presenta con evidente struttura, dotato di una certa freschezza che lo rende particolarmente apprezzabile in ogni momento del pasto.
Il Verdicchio dei Castelli di Jesi restituisce una certa sensazione di piacevolezza, grazie ai suoi profumi di fiori di campo, di pesca e mandorla, un vino minerale ovvero sapido la cui composizione è fortemente influenzata dai diversi territori di produzione.
L’uva Verdicchio, con la quale si produce il Castelli di Jesi, è storicamente presente tra Jesi e Matelica già dall’VIII secolo. Per molti enologici sarebbe una derivazione del Trebbiano di Soave e Lugana, dunque un adattamento territoriale di un vino tipicamente veronese.
Data la somiglianza climatica e territoriale non è difficile considerare il Verdicchio come un figlio legittimo di questi territori, alla pari del Trebbiano del Lazio, altra uva al quale sarebbe indirettamente legato.
Tra Jesi e Matelica oggi si producono quasi 400.000 quintali di uva Verdicchio in appena 2.500 ettari di terreno, con una differenza sostanziale: il Verdicchio di Jesi è più corposo, quello di Matelica ha un profumo più deciso e struttura meno definita.
Antonio Maiocchi, un ingegnere attivo nella seconda metà del Novecento, ricevette da Fazi Battaglia (un’azienda vitivinicola di Cupramontana) una richiesta particolare: inventare una bottiglia.
Non doveva essere una bottiglia come tutte le altre, ma una sorta di portabandiera del messaggio del Verdicchio di Jesi e Matelica. Il messaggio fu recepito, e nel 1954 nacque l’anfora.
È una bottiglia slanciata, dalla sagomatura vagamente a clessidra, con una base piuttosto stretta e un corpo che si allarga via via verso la spalla, culminando in un collo stretto e abbastanza lungo e un cercine relativamente pronunciato.
L’anfora del Verdicchio dei Castelli di Jesi è generalmente di colore verde e ha una capienza di 750 ml. La forma di questa bottiglia ha rivoluzionato a tal punto il mondo dell’enologia e del design industriale da entrare a far parte di una mostra dedicata ai Brevetti e Creatività Italiani, tenutasi nel 2009-10 a Roma.
Il Verdicchio dei Castelli di Jesi è un vino che si adatta in maniera piuttosto agevole al ricco patrimonio gastronomico della Regione Marche. Una terra dove prodotti di terra e di mare convivono con estrema piacevolezza, foriera di sapori e prodotti conosciuti ben oltre i confini geografici. Per un bianco strutturato ma al contempo piacevolmente fresco, da servire a temperature adeguate, si consiglia sicuramente un vasto repertorio di piatti che va dagli antipasti di pesce alle carni bianche, dai funghi ai tartufi, dai primi di pesce fino a delle grigliate.
Delle crudité di salmone e tonno possono introdurre un pasto tutto a base di pesce, insieme magari a delle tagliatelle con crema di acciughe e una rana pescatrice o rombo servite al forno, in crosta o anche semplicemente in padella.
Per chi predilige la carne, il Verdicchio jesino può essere servito con un coniglio alla cacciatora, magari introdotto da un antipasto di fritti (crocchette di pollo e patate, olive ascolane etc.) e da un primo piatto a base di vongole e zucchine, un risotto alla pescatora o una fettuccina al tartufo bianco di Acqualagna.
Dal Lunedì al Venerdì
9:30-13:30/14:00-18:00
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